Il corso di laurea in giurisprudenza si discosta dallo schema ormai classico a cui si è abituati, vale a dire corso triennale seguito da quello magistrale. In questo caso si parla di corso a ciclo unico della durata di cinque anni, ciò vale sia nel caso delle università considerate tradizionali sia per gli atenei telematici come Unicusano. È importante evidenziarlo perché il valore del corso di studi non cambia a seconda dell’università scelta. I possibili sbocchi lavorativi sono tanti e molto dipende se si è intenzionati a lavorare nell’ambito della pubblica amministrazione oppure se nel privato come libero professionista. A prescindere dal settore, le stime occupazionali redatte da Almalaurea indicano un tasso di occupazione vicino al 79% e la maggior parte opera nel privato.
Passando però in rassegna quali possono essere gli sbocchi più richiesti, l’avvocato d’impresa è ai primi posti. È un professionista che opera all’interno di grandi aziende e oltre a conoscenze in ambito giuridico, ne possiede anche in ambito economico, oltre a buone doti manageriali. Per questo, in molti casi, la laurea magistrale in giurisprudenza viene affiancata ad una scuola di specializzazione o eventualmente un master di secondo livello per andare a migliorare ancor di più la propria preparazione.
Altrettanto gettonato come sbocco professionale, ma in questo caso con una concorrenza molto marcata, è quello del magistrato. Oltre però ai cinque anni del corso di laurea, occorre sostenere il corso biennale di Specializzazione per le professioni legali, svolgere attività presso l’Avvocatura dello Stato per 18 mesi, avere un dottorato di ricerca in materia affini e sostenere altri 18 mesi di tirocinio. Inoltre, è obbligatorio il superamento di un concorso pubblico e infine l’acquisizione dell’abilitazione di fronte ad una commissione. Si tratta di un percorso lungo e tortuoso, che prevede un costo importante da sostenere: per questo sempre più spesso prende piede l’ipotesi di come sia l’università a doversi far carico di questi costi, soprattutto a fronte di un numero di magistrati inferiore a quelli che servirebbero (-10% circa).
Proseguendo nell’elenco di quali lavori è possibile praticare con la laurea in giurisprudenza, si include il consulente del lavoro. Solitamente anche in questo caso il riferimento va alle grandi aziende che devono gestire un gran numero di dipendenti e hanno bisogno di una figura predisposta a farlo. Oltre alla laurea, occorre inoltre l’iscrizione all’Albo Professionale dei Consulenti del lavoro.
La laurea in giurisprudenza apre le porte ad una carriera nelle Forze dell’Ordine: sia che si tratta di guardia di Finanza o Carabinieri, ma in questo caso occorre superare i concorsi pubblici. Il percorso di studi in materia giuridica permette di intraprendere anche la carriera del diplomatico, professione sottoposta però al superamento di un concorso pubblico.
Molto ambita è la professione del notaio, a cui possono accedere i laureati in giurisprudenza che però vantano una specializzazione anche in diritto fiscale o tributario (si ritrova, ancora una volta, l’importanza dei master post laurea in questo caso). Si tratta di un lavoro ambito anche perché a numero chiuso: significa che il concorso notarile mette al bando un numero di posti prestabilito e non si può oltrepassare quella soglia.
Infine, ma l’elenco potrebbe essere ancora più lungo, un possibile sbocco per i laureati in giurisprudenza è l’insegnamento, sia quello nelle scuole superiori (il diritto) sia in ambito universitario. In entrambi i casi occorre però superare i concorsi predisposti, oltre che l’ottenimento dei CFU previsti a seconda di quale sia la classe di concorso prescelta.